Da sempre, lo spirito della Missione e dei suoi volontari non è stato quello di “fare la carità” in senso spicciolo, dall’alto in basso, magari per sentirsi “a posto”; ma al contrario, di “vivere la carità”, cioè l’amicizia profonda tra comunità, sapendo che c’è un movimento reciproco di amore e di aiuto, totalmente “alla pari”, con uno scambio vicendevole di doni diversi.
Quanto bene ha fatto a noi, comunità cristiana di san Frumenzio, vedere il mondo con gli occhi di chi vive nell’altra metà del pianeta! Quanto è stato importante constatare che la povertà può essere vissuta con dignità; che la solidarietà familiare può essere così profonda e culturalmente radicata da impedire che ci siano orfani o anziani abbandonati. Il mondo di sentire e intendere la vita, la natura, l’uomo e Dio e le loro relazioni reciproche è così ricco e grandioso da stimolare in chi va a Mafuiane riflessioni inedite, confronti fecondi. Certo, non mancano elementi culturali francamente poco condivisibili perché pericolosi: la credenza in poteri negativi occulti, un certo fatalismo e accettazione passiva degli eventi della vita. Quindi anche noi siamo chiamati a dare il nostro contributo in questo scambio.
A causa della globalizzazione dei mercati, la società mozambicana da vent’anni si è trovata a confrontarsi con stili di vita che le erano estranei. Il mondo occidentale, con la sua tecnica sofisticata e le sue contraddizioni, la sua povertà spirituale e la legge incontestabile del profitto e del consumo, si è imposto con arroganza e prepotenza al mondo africano. Per noi, andare in Mozambico significa testimoniare ai nostri amici che è possibile essere occidentali ed essere rispettosi, solidali e sobri, capaci di dialogo, ricchi di spiritualità e di valori.
Per ciò che riguarda l’aiuto allo sviluppo, siamo passati dalla logica dell’emergenza, dell’intervento straordinario per impedire la fame e le malattie, alla priorità data alla formazione delle persone. Questo passaggio si è rivelato necessario soprattutto per evitare che si creasse una dipendenza da parte della comunità di Mafuiane nei confronti degli aiuti provenienti dall’Italia. Sull’istruzione la Missione punta, dunque, gran parte delle proprie energie, convinta che solo sviluppando le conoscenze e affinando le capacità si può ambire di preparare una coscienza più consapevole delle necessità della propria realtà di vita, e dunque più pronta ad impegnarsi per cercare soluzioni ai bisogni.
Come ama ripetere Mimmo Porcelli, che è ora in Mozambico per coordinare gli interventi di sostegno: “La missione non regala niente, ma aiuta a costruire.” E prosegue: “La maggiore difficoltà è sempre quella di far quadrare i conti, riuscire a gestire con i mezzi che abbiamo l’enormità delle cose da fare. Tuttavia stipendiamo 25 persone, cui sono affidati i diversi compiti di gestione della vivenda, delle scuole (compreso il trasporto dei bambini dai diversi villaggi e le visite mediche mensili), del centro anziani. Questo proprio nell’ottica di trasmettere a queste persone l’idea che nessun miglioramento della loro condizione è gratuito ma è una conquista che nasce dal loro stesso impegno. Il cammino in questa direzione è di certo molto lento, ma qualche risultato è stato raggiunto, e la scommessa è quella di riuscire ad aumentare sempre più l’autonomia del villaggio.”
“Salvare l’Africa con l’Africa”, diceva Padre Comboni e noi, memori della Sua lezione di vita, amiamo ripetere che siamo in Mozambico “con loro e non solo per loro”!
Don Gianpiero