L’alluvione in Mozambico

La provincia di Maputo e la stessa capitale del Mozambico sono stati colpiti, a partire da giovedì 9 febbraio e fino a mercoledì 15 febbraio, da intense e improvvise piogge (più di 100 mm di acqua in ventiquattro ore) che hanno provocato diffuse inondazioni, causando 9 morti e più di 40.000 sfollati.

In particolare, è stato colpito il distretto di Namaacha e il distretto di Boane, centro amministrativo di circa centomila abitanti vicino al villaggio di Mafuiane.

Come raccontato da padre Claudio, missionario dei Padri Bianchi e parroco di Boane, i danni maggiori sono stati provocati dall’apertura delle paratoie della vicina diga di Pequenos Libombos, sul fiume Umbeluzi, che ha scaricato milioni di m3 di acqua a valle, con conseguenti e disastrosi allagamenti. Più di 10.000 sono gli sfollati: sorpresi dall’acqua nel cuore della notte, molti hanno cercato di mettersi in salvo, chi riparandosi sui tetti delle case chi rimanendo aggrappato per ore agli alberi più alti.

Ingenti i danni alle infrastrutture: la furia delle acque ha distrutto due ponti, ha reso impraticabili le strade, isolando così intere comunità e rendendo assai difficoltosi gli spostamenti all’interno del distretto, ha provocato, infine, l’interruzione della fornitura dell’energia elettrica. Si stima che siano stati danneggiati più di 13.500 ettari di terreni coltivati.

Ancora oggi, sabato 11 marzo, molti campi, nel distretto di Boane e nel resto della provincia di Maputo, zona di Marraquene, sono sommersi di acqua.

In visita alle Nazioni Unite, a New York, il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione del Mozambico, Verónica Macamo, ha dichiarato a UN News: “Il cambiamento climatico ci sta creando problemi sempre più gravi. Le persone sono lasciate in una situazione di insicurezza. Poi ci sono problemi concreti come quelli che abbiamo a Maputo. Quando guardiamo alla popolazione, guardiamo a persone che da anni fanno grandi sforzi per migliorare la qualità della vita. Oggi sono senza nulla”.

Secondo l’Australian Institute for Economics and Peace il Mozambico è il secondo paese a livello mondiale più esposto ai cambiamenti climatici, dopo l’Afghanistan. Ciò a causa di due fattori fondamentali: l’esposizione al rischio (dovuta alla sua posizione geografica, nella zona di convergenza intertropicale, ai suoi 2700 km di costa, all’esistenza di vaste aree depresse al di sotto del livello del mare e alla presenza di nove bacini idrografici) e il basso sviluppo socio-economico.

La comunità di Sant’Egidio, la Caritas diocesana locale e molte ONG presenti sul territorio si sono attivate per portare soccorso alla popolazione.

Tra queste l’AUCI, ong che, in partenariato con l’Arcivescovado di Maputo, collabora da anni con la nostra parrocchia, le parrocchie di Santa Gemma Galgani e Sant’Ugo per la realizzazione di iniziative in ambito sanitario ed agricolo a sostegno delle comunità contadine locali, a Mafuiane e a Namaacha.

Le quattro operatrici di Auci, tra cui la nostra parrocchiana Manuela Izzo, presenti quest’anno in Mozambico con il Servizio Civile Internazionale, stanno prestando soccorso agli sfollati di Boane mediante la distribuzione di generi alimentari e materiale sanitario di prima necessità, in coordinamento con le strutture della Caritas diocesana locale.

 

L’alluvione e la Missione

 

L’alluvione prima  e l’esondazione del fiume Umbeluzi  poi hanno avuto effetti disastrosi anche nel villaggio di Mafuiane, ove si trova la nostra Missione.

Prima Dania e Joana, poi Mimmo, tornato a Mafuiane l’8 marzo scorso, ci hanno informato della situazione critica in cui versa  il villaggio.

Due persone, che abitavano vicino al fiume, hanno perso la casa.  Tutta la zona D, al di là del fiume, ed alcune case negli altri quartieri sono senza energia elettrica; anche una parte della nostra missione è senza energia: ad esempio, il mulino, utilizzato anche dalla comunità, non funziona.

La pioggia ha distrutto il tetto di lamiera della casetta della pompa del pozzo.

La stazione del pompaggio  del Rigadio di Mafuiane è stata completamente sommersa dall’acqua: ciò ha reso inutilizzabili tutti i macchinari e le pompe necessarie per l’irrigazione dei campi.

Consistenti sono i danni alla fattoria:  sono andati perduti tutti i raccolti (verdure, fagioli, ortaggi,  frutta, etc….) che  non solo costituiscono una importante risorsa per l’alimentazione dei bambini che frequentano le escolinhas, ma anche una fonte di guadagno per la missione, nell’ottica di una maggiore e crescente auto-sostenibilità.

Le coltivazioni di peperoncino, già pronte per il raccolto, sono andate per la maggior parte perdute (20.000 piante su 30.000), sommerse da acqua e fango, “matope”. Anche una parte del miglio raccolto è  così impregnato d’acqua che non può essere utilizzato per produrre la farina, elemento essenziale per la xima, la polenta di farina di miglio, alimento principale nella dieta della popolazione locale. Per quanto concerne l’allevamento, sono morti due maialini ( ne sono rimasti 9) e qualche capretto.

Infine, i danni alle macchine della missione: in particolare, la Nissan è finita sott’acqua, la centralina elettronica è fuori uso e la macchina è attualmente inutilizzabile.

Il ponte che collega Goba a Mafuiane, via Impaputo, è crollato interrompendo così una importante via di comunicazione con l’ESSUATINI e il Sud Africa.

Al di là dei danni materiali, ingenti, destano preoccupazione le conseguenze a lungo termine che eventi come l’alluvione comportano: condizioni igieniche precarie, causa di diffusione di epidemie (ad esempio, colera), un peggioramento della condizione economica delle famiglie e della comunità, che hanno come primaria fonte di sostentamento l’agricoltura, aumento della povertà, della microcriminalità,  della violenza e del disagio tra i giovani.

A Mafuiane, proprio qualche giorno fa, c’è stato un gravissimo episodio di violenza, che ha avuto come protagonisti due giovani del villaggio, che hanno assaltato, dopo aver legato due guardie,  la Casa Agraria, e, sorpresi, hanno ucciso a bastonate il fratello di Felix,  un giovane della comunità cristiana, che molti dei nostri ragazzi hanno conosciuto durante i viaggi estivi.

 

Che cosa  possiamo fare?

È questa la domanda che ci accompagna in questi giorni.

Continuare nel cammino di fraternità che, dal 1991, stiamo facendo con le comunità di Mafuiane, Baka Baka e Goba, coltivare con amore, tenacia e pazienza la comunione con i nostri amici,  non solo attraverso la preghiera, ma anche mediante quei progetti che sono germogli di speranza, di pace,  di giustizia, perché essi, con il sostegno di tutti noi, possano diventare come il granello di senapa, “che fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra” (Mc, 4,32).

 

 

foto tratta del sito web meteoweb.eu